DA FES A CHEFCHAOUEN
di Salvatore Marra
Indice
Il mio miniviaggio di 3 giorni in Marocco
In questo racconto vi parlo di un breve ma intenso viaggetto che io e il mio amico Marco abbiam fatto in Marocco.
Un giro tra Fez, la città marocchina con una delle medine più belle del mondo islamico, e la piccola Chefchaouen, chiamata anche la città blu dell’ Africa.
Conosco Marco da tanti anni, siamo entrambi appassionati di viaggi e avventure in giro per il mondo. Ma per tutta una serie di motivi che non sto qui a spiegare non avevamo ancora mai fatto un viaggio insieme. In fondo in fondo però, ho sempre saputo che inevitabilmente prima o poi sarebbe capitata l’occasione giusta. E credo anche lui.
E difatti finalmente arrivò, a fine Novembre 2018, in un Paese dove entrambi eravamo già stati. Lui in particolare parecchie volte, compresi diversi soggiorni proprio a Fez. Ma mai a Chechaouen.
Io invece nel mio piccolo ero già stato in Marocco solo una volta nel 2015; all’epoca trascorsi una giornata a Casablanca e soprattutto esplorai la regione di Marrakech, raggiungendo Ourzazate, Haid Ben Haddou e spingendomi fino alle porte del deserto del Sahara.
E da allora che ho sempre avuto il desiderio di tornare in Marocco, e in particolare visitare proprio Fez e dintorni.
Accade quindi che magicamente una famosa compagnia low cost irlandese piazzi una nuova rotta Torino-Fez a partire da Ottobre 2018.
Come qualcuno saprà, io sono abruzzese (orgogliosamente aggiungerei), ma vivo a Torino da diversi anni.
Il che voleva dire una sola cosa : andare a Fez, obbligatoriamente!
Ho imparato per esperienza che quando capitano certe occasioni non bisogna solo approfittarne subito, di più! Come quando andai a Copenaghen, sempre con un volo low cost da Torino a 50 euro a/r. Tempo un anno è la tratta fu cancellata, e ciaone to everyone! Tranne per me e Fabiana, l’ amica che convinsi a venire con me nella capitale danese, ma questa è un’altra bella storia che vi racconterò magari un’altra volta.
Quindi hurry up e bando alle ciance! Quando scovai questa volo nuovo di zecca mi vennero subito in mente Marco e tutte le volte che avevamo parlato di Marocco. Ovviamente lui subito entusiasta a mille quando glielo proposi. Morale : tempo due giorni e comprammo il volo!
L’altra grande notizia di questa tratta è che prevedeva voli a/r di venerdi e di lunedi . Con la possibilità di optare per un viaggio di una settimana, oppure di 5 giorni (da lunedi a venerdi) o “sprint” di 3/4 giorni, il classico week end lungo per intenderci, da venerdi mattina a lunedi.
Entrambi per motivi lavorativi non potevamo permetterci tanti giorni di ferie in autunno, per cui optammo per la formula del week end lungo, a fine novembre . Del resto, il nostro interesse fin da subito si focalizzò unicamente su Fez e Chefchaouen, e la durata del viaggio risultò assolutamente sufficiente e soddisfacente per goderci entrambe le località con calma e senza troppa fretta. Ovvio, uno o due giorni in più non mi sarebbero dispiaciuti, ma il Marocco non scappa, e ci tornerò sicuramente! Anzi consiglio a tutti di visitarlo più volte, perché merita di essere assaporato tutto.
[P.s. : purtroppo il volo da Torino ha avuto durata molto breve, ed è stato successivamente eliminato. In ogni caso, sia Fez che le altre città marocchine sono ben collegate anche con altri aeroporti italiani, come Ciampino, Pisa, Bergamo Orio al Serio, Bologna, Napoli. Insomma, le possibilità non mancano].
Bene, a questo punto non mi resta che raccontarvi di questo nostro splendido piccolo viaggetto

Giorno 1
Partenza era prevista alle 10.35 del mattino, con arrivo a Fez alle ore 12.15. Marco era felicemente agitato già dalla sera prima : irrequieto e sognatore, è un ragazzo che quando si viaggia è capace di camminare chilometri zaino in spalla senza fermarsi mai. Programma e progetta tutto nei minimi dettagli, anche più di me, che sono sempre molto preciso e scrupoloso.
Tuttavia poi, una volta in viaggio, nei luoghi tanto letti e riletti, sottolineati e studiati per settimane, magicamente si smarrisce, ma in senso positivo. Come un bambino di fronte ad un pallone o ad una cascata di cioccolata, lasciandosi trascinare dalle emozioni. Anch’io in parte sono così, ma lui mi batte dieci a zero.
Arrivati all’ aeroporto di Fez e noleggiata la nostra macchina, ci mettemmo subito in marcia verso Chefchaouen. “Guido io” fece Marco, con la fierezza di chi si sente esperto quasi come a casa e sa il fatto suo. E in effetti, dopo tutte quelle volte in Marocco, si sentiva sicuramente molto più a suo agio di me.
Con mia grande felicità, aggiungerei! Voglio dire, era appena iniziato il weekend, eravamo a fine novembre e c’erano 20 gradi, e avevo un’ autista personale che mi stava accompagnando verso Chefchaouen, la Perla Blu del Marocco. Non male come inizio no? 😀

Il percorso da Fez a Chefchaouen è lughetto : 250 chilometri per un totale di circa 4 ore di viaggio. Una strada statale discretamente ben tenuta e asfaltata, che attraversa un territorio bellissimo, tra colline e campagne, campi coltivati, villaggi piccolissimi sperduti, terreni colorati di quelle sfumature rossastre tipiche del Marocco che tanto avevo atteso.
Di sicuro un paesaggio abbastanza diverso da quello che trovai quattro anni fa nella regione di Marrakech, quest’ultima molto più arida e decisamente meno mediterranea. Fez si trova nel nord del Paese e ha un clima più fresco, e Chefachaouen è ancora più su, a circa 100 chilometri dallo stretto di Gibilterra.
Tanti pastori con i loro greggi di pecore ci attraversarono la strada più volte, così come tante donne e bambini all’uscita dalle scuole, mentre Marco guidava e io ero preso dai miei video e le mie foto paesaggistiche.
E, cosa inizialmente molto sorprendente, incontrammo tantissimi posti di blocco della polizia locale. Ma davvero tanti; senza esagerare, in media uno ogni 15-20 chilometri.
Il motivo è presto detto : la regione del Nord del Marocco è rinomata per la produzione e il traffico illegale di cannabis. Se aggiungiamo a questi i controlli sempre più stringenti legati al terrorismo di questi ultimi anni, tutto torna. Non a caso, tutte queste pattuglie ci lasciavano passare non appena si accorgevano che eravamo occidentali, senza nessun tipo di disagio. Per cui se vi capita di andare in quelle zone, state più che tranquilli, è tutto normale, e il Marocco allo stato attuale è una nazione molto sicura.
Arrivammo a Chefchaouen intorno alle 18.30. Il sole era tramontato da una mezz’ora e il cielo era già abbondantemente scuro, ma con ancora qualche piccola velatura arancione e violacea all’orizzonte.
L’impatto con la città fu davvero intenso : apparve all’improvviso, dopo una serie di tornanti in salita, come una meravigliosa attrice su di un palcoscenico, e ci ritrovammo senza volerlo su un enorme belvedere che si affaccia sulla città e su tutta la vallata. Non me l’aspettavo, e mi colse del tutto impreparato. Al tramonto e alle prime luci dell’alba, Chefchaouen vista dall’alto è uno spettacolo che ti toglie letteralmente il fiato.

“Benvenuto in Marocco Marra” fece Marco. Io ero felicissimo.
Ciò detto, entrare a Chefchaouen fu piuttosto complicato. Ma non c’è da meravigliarsi, è la prassi quando si cerca di raggiungere un riad in una qualunque medina marocchina. Traffico infinito nei quartieri a ridosso del centro storico, mandrie di persone in strada che ti sbucano dappertutto, sensi di marcia inesistenti, così come qualunque altra regola stradale.
Come disse il mio amico Giovanni che venne in Marocco con me la mia prima volta “Che caspita, sembra di stare in Africa…a no…ci siamo davvero!”.
Ad aggravare il tutto, il fatto che non avessimo una connessione internet rese ancora più complicata la localizzazione del riad. Avevamo prenotato tramite booking un riad molto carino e piccolino, ovviamente nel cuore della medina.
Impossibile come dicevo arrivarci con la macchina, che dovemmo ovviamente posteggiare fuori dal centro. Si ma dove? Dove diavolo era il nostro riad?
Alla fine, chiedi di qua, chiedi di là, dopo esserci ingarbugliati in ogni minuscola stradina possibile intorno alla medina, trovammo un piccolo parcheggio a ridosso di un ruscello che lambisce la città.
Ci fermammo a chiedere ad un ragazzo se conoscesse il nostro riad. Era uno dei parcheggiatori abusivi della zona, che ci indicò la strada e dopo una ventina di minuti a piedi dal parcheggio finalmente arrivammo a destinazione!
Dar Dalia è un riad piccolino ma molto bellino e accogliente; dalle decorazioni delle porte e dei soffitti, ai cuscini e ai tappeti, dagli odori delle spezie alla musica araba di sottofondo.
La nostra camera era davvero grande : una sorta di suite al pian terreno, con due letti singoli e un letto matrimoniale con bagno privato, e spendemmo la modica cifra di 36 euro totale per una notte con colazione. Come ogni riad tradizionale, il Dar Dalia presenta un cortile centrale, con al piano terra una zona comune per la colazione, e si sviluppa poi su più piani, dove si trovano tutte le altre stanze che si affacciano unicamente sul cortile. Infine è presente una terrazza, utilizzata come salottino da thè o come solarium.
In realtà, anche se di notte è sempre più difficile orientarsi, il centro storico di Chefchaouen è davvero piccolino e ci bastò fare pochi passi per arrivare nella piazza centrale.
L’atmosfera intorno alle 21 era davvero piacevole; temperatura gradevole e poche le persone in giro, per lo più abitanti del luogo e, a sorpresa, davvero pochi i turisti. Situazione ideale per godersi questa nostra prima serata marocchina.

Su suggerimento del proprietario del nostro alloggio, cenammo nel ristorante Chez Hicham, davvero carino e che vi consiglio.
Ci piacque così tanto che ci tornammo anche per pranzare il giorno dopo. E’ disposto su due piani e presenta un ampio terrazzino dove è possibile mangiare, con una splendida vista sulla Kasbah, costruzione fortificata tipica del Marocco, assoluta protagonista della piazza principale di Chefchaouen.

Mangiammo due insalate marocchine favolose, le ricordo ancora con l’acquolina in bocca, più un tajine a testa (una pietanza tipica marocchina a base di carne, verdure e spezie, cotta e presentata all’interno di tradizionali piatti chiamati appunto tajine), un dolce alla cannella per me e una sorta di macedonia con yogurt per Marco, e ovviamente l’immancabile thè alla menta.
Quello va ordinato di default ogni volta, e fidatevi se vi dico che è diverso da qualunque altro thè abbiate mai bevuto in Italia. Ne feci il pieno in quei giorni!
Insomma, ci rilassammo e ci godemmo una stupenda cena in terrazza con vista sulla piazza illuminata, e uscimmo satolli dal ristorante spendendo a mala pena l’equivalente di 10 euro a testa. Davvero super!

Iniziammo quindi finalmente a perderci all’interno della città blu.
Ed è davvero blu, così come appare in tutte le foto che potete scovare su internet e nelle guide! Ho preferito di gran lunga Chefchaouen di notte : si crea un atmosfera magica, e il tempo sembra fermarsi.

La presenza assai esigua di turisti fu per me sorprendente. Probabilmente fine novembre è davvero un periodo ideale per visitarla.
Prima di partire avevo alte, anzi che dico, altissime aspettative su Chefchaouen, per tutto quello che avevo letto e sentito dire e per la fama che ha recentemente ottenuto. E solitamente in questi casi ho sempre poi il timore di rientrare in Italia deluso, o quantomeno non troppo entusiasta. La notte e il giorno trascorsi a Chefchaouen furono invece indimenticabili.
Non pensavo potesse sorprendermi così. E la stessa cosa fu per Marco. Essendo stato in Marocco molte più volte di me (anche quando il Paese non rappresentava ancora una meta turistica così gettonata come ora), temeva molto più di me di ritrovarsi di fronte ad uno scenario snaturato, poco autentico e troppo turistico. Non fu così. Probabilmente se fossimo stati a Chefchaouen venti o trent’anni fa, oggi l’apprezzeremmo mille volte meno, di questo ne sono certo. Ma, come si dice, ognuno è figlio della propria epoca, e io nella Chefchaouen di oggi ci tornerei subito. E ci tornerò, ne sono sicuro.
Feci tantissime foto e parecchi video alle casette azzurrine, ai vasi colorati che decoravano i balconi, ai bambini che giocavano a pallone nelle viuzze. Scatti rubati qua e là agli abitanti di quel piccolo borgo africano, dove tutti oltre che l’arabo parlano incredibilmente lo spagnolo, per via della lunga dominazione iberica che subì la città in passato.

E poi i gatti. I bellissimi gatti marocchini. Ce ne sono davvero tanti che vagano per le vie del centro, uno più bello dell’altro.
Affascinanti e eleganti. Così come tutto il resto.
Una bellissima serata blu.

Giorno 2
Il giorno seguente, dopo pranzo fummo costretti a salutare Chefchaouen. Ci sarei rimasto volentieri almeno un altro giorno intero.

Dopo una mattina passata ancora a perderci tra i cunicoli e le casette azzurrine di Chefchaouen e dopo un’eccellente pranzetto, verso le tre ci rimettemmo in marcia, per raggiungere Fez intorno all’ora di cena.
Il viaggio fu piacevole come all’andata; arrivammo in aeroporto intorno alle 19, lasciammo la macchina noleggiata e prendemmo un taxi che ci accompagnò fino alla bellissima Bab Boujloud, la porta principale d’ingresso alla medina.

E’ davvero imponente e, una volta varcata, sembra davvero di entrare in un altro mondo.
Inizialmente la via principale risulta essere abbastanza larga, con ai lati diversi ristorantini marocchini, negozi di souvenirs e perfino un punto atm per ritirare denaro contante. Roba parecchio turistica insomma. Sempre chiassosa e piena di persone, mercanti, turisti, giocolieri; insomma un gran bel casino. E roba anche parecchio turistica direi.
Questa è la medina di Fez. Un luogo incredibile, dove c’è solo una cosa da fare : perdersi.
Pernottammo due notti presso il Dar Ahl Tadla, dove Marco aveva già soggiornato altre volte.
O quantomeno ci provammo. Ci fu infatti un piccolo disagio quando arrivammo in riad : la nostra camera non era disponibile per quella notte, a causa di un errore (a detta loro) di prenotazione. Ci sistemarono in un riad attiguo meno carino ma ugualmente accettabile, con la promessa che l’indomani avremmo avuto la nostra camera già a partire dalla colazione. Rimanemmo un po’ perplessi, ma questi sono inconvenienti che posso capitare e non ci lamentammo più di tanto.
Quella sera cenammo in uno dei ristorantini con terrazza di fronte la Bab Boujloud.
Al di là della bella location, non ricordo il nome del locale, che non ci entusiasmò più di tanto come quello di Chefchaouen, quindi non sto qui a segnalarvelo. Diciamo che i ristoranti ini quella zona sono più o meno tutti turistici ed equivalenti, uno vale l’altro a mio parere e a sensazione.
Fatto sta che consumammo una cena semplice ed essenziale a base di tajine, cous cous (altro piatto marocchino assolutamente imperdibile) e il solito thè alla menta. Andammo a dormire abbastanza presto, per poter essere belli freschi e carichi l’indomani. Pronti a perderci nella medina.
Giorno 3
Ci svegliammo intorno alle nove, e alle nove e mezza eravamo già nel nostro riad, in attesa di ricevere finalmente le chiavi della camera che avevamo prenotato, come ci era stato promesso la sera prima. Purtroppo però ci dissero che dovevamo pazientare ancora un po’, perché dovevano finire di pulirla e sistemarla.
Un po’ contrariato mi accomodai su un divanetto e consumai con Marco la colazione offerta dal riad, discreta ma niente di eccezionale. Intuimmo che l’attesa della camera poteva prolungarsi più del previsto, cosicchè chiesi se potevamo intanto lasciare gli zaini ed effettuare il check in più tardi, per non perdere troppo tempo. Ci dissero che andava bene e così facemmo, sperando di avere finalmente la nostra camera in serata.

Alle 10 e mezza eravamo finalmente a zonzo senza meta nella medina. Al mattino è un turbinio di colori, suoni, musiche, discorsi, persone.
Io ero estasiato alla vista di tutta quella realtà così dissimile dalla nostra. Marco invece era piuttosto taciturno e perplesso. Ma inizialmente non ci feci troppo caso.
Dopo aver camminato in viuzze strettissime, piene di bancarelle e venditori di qualunque cosa (dalla frutta e verdura alla carne e al pesce, passando per l’abbigliamento fino ai gioielli e ai prodotti di bellezza, come l’olio di argan, tipico marocchino e famoso in tutto il mondo), ci ritrovammo un po’ per caso nel bellissimo cortile interno della scuola coranica Medersa Bou Inania.

Si tratta senza dubbio della più bella scuola coranica di Fez.
Il suo cortile è ricco di disegni elaborati, stucchi, grate in legno di cedro, maestose porte in ottone. Al suo interno è presente una moschea, con una sala preghiera non tanto grande che si può intravedere dal cortile. Quest’ultimo è l’unico luogo visitabile della scuola (al di fuori dell’orario di preghiera), mentre non sono visitabili le altre stanze.
Da qualche anno è previsto un biglietto di ingresso che costa circa 20 dirham, ovvero più o meno due euro.
Mi piacque molto e mi soffermai ad osservare gli stucchi e le bellissime porte per una buona mezz’ora, scattando diverse foto.
Nonostante fosse abbastanza pieno di visitatori. E di questo aspetto Marco non fu particolarmente entusiasta.
Proprio lui che visitò questo luogo per la prima volta sette anni fa, privo di turisti. Il motivo del suo turbamento era proprio questo. Il turismo massivo stava lentamente snaturando la città, e trovava cambiati perfino gli stessi abitanti della medina, molto più disponibili a farsi fotografare e molto meno invadenti nel cercare di venderti qualunque cosa fino allo sfinimento.
Per la serie, Fez sempre stupenda, ma non così autentica come qualche anno fa, purtroppo.
Comprensibile.
Probabilmente avrei provato la stessa cosa al suo posto.
La mia sensazione fu decisamente più positiva, avendo come unici termini di paragone la molto più turistica Marrakech e Casablanca, una metropoli bruttina, a mio avviso la città meno “marocchina” di tutte quelle che ho visitato.
Continuammo il nostro girovagare tra le vie, e finimmo in un altro cortile pieno di gente, in prevalenza donne.
Impiegammo pochi secondi per capire che eravamo capitati nel ben mezzo di un grande mercato delle stoffe marocchino, dove tutte quelle donne erano intente a scambiarsi capi e prodotti di merceria coloratissimi.
Mi sentii subito tutti gli occhi puntati addosso : eravamo gli unici europei in quel cortile, e non passarono troppi minuti prima che una donna a una decina di metri da me iniziò ad inveirmi contro in arabo, indicando con decisione la reflex che portavo appesa al collo.
“Ooook Marra, forse è il caso che spegni quell’affare e la pianti di fare foto mi sa” disse Marco con il suo solito accento toscano.
Riposi la reflex nella mia sacca e il cellulare in tasca senza troppi indugi, e la signora subito si calmò e torno alle sue faccende. Il cortile sembrava scoppiare per quanta merce e per quanti mercanti ci fossero, tutti disposti in un unico e perfetto caos.
Vivemmo il luogo in totale assenza di tecnologia e solo e unicamente con i nostri occhi e le nostre emozioni.
Fu forse uno dei momenti più veri di tutto il viaggio.

Un altro luogo che dovevo assolutamente scovare all’interno di quel labirinto di città era il quartiere delle antiche concerie di Fez, chiamate anche Chouara.
Sono quelle enormi vasche di pietra piene di pigmento per tingere le pelli, stese ad asciugare una dietro l’altra.
E’ un luogo assolutamente da non perdere.
Qui sono impiegati tutt’oggi i processi che venivano utilizzati in antichità, fin dal XVI secolo, quando Fez si impose come città leader nel trattamento e produzione di capi in pelle.

Che io sappia le concerie sono accessibili ai turisti pagando un biglietto regolare, ma a mio parere il modo migliore per ammirarle è salire sui tetti a terrazzo dei numerosi negozi di pelletteria che si affacciano sul posto.
Dall’alto appaiono come uno spettacolare insieme di cisterne ad alveolo tutte colorate, dal giallo curcuma, al blu indaco, fino al verde menta, e sono presenti tanti frenetici lavoratori che a piedi nudi puliscono le pelli, le colorano immergendole nelle vasche, e infine le stendono ad asciugare.
Davvero interessante.
Marco decise di non seguirmi in questa visita, avendole viste già diverse volte e avvisandomi del fatto che in qualunque negozio di pelletteria avrei trovato il commesso di turno che avrebbe provato a vendermi la qualunque, costringendomi a comprare anche un solo piccolo articolo.
Pazienza, pensai, non potevo non vedere queste famose concerie e così, grazie all’aiuto di uno dei tanti ragazzi che al primo cenno di richiesta ti accompagnano ovunque tu voglia senza indugiare (speranzosi di essere ricompensati con qualche spicciolo), trovai finalmente il quartiere ed entrai in uno di questi negozi. Fui subito braccato da un commesso e guidato fin sopra al terrazzo.
Lo spettacolo è davvero notevole e rimasi a lungo a fotografare e a fare video come è mio solito.
Soffermandomi, sugli instancabili lavoratori, sporchi e tutti colorati. “Chissà che paga hanno e quante ore al giorno lavorano” pensai.
Come volevasi dimostrare, riscendendo al piani inferiori fui tampinato da tre addetti del negozio che provarono a vendermi diversi giubbotti.
Alcuni erano davvero belli, uno in particolare, ma lasciai perdere e me la cavai lasciando al proprietario una piccola mancia di qualche decina di dirham.
Uscito dal negozio trovai Marco in strada ad attendermi. “Mi sono fermato in quel bar all’angolo a giocare a biliardino con due nonnetti” fece lui ridacchiando. Io che lo conosco bene non mi meravigliai più di tanto e gli confessai che ero decisamente affamato.
Si erano fatte ridendo e scherzando le tre di pomeriggio.
Tornammo nel cuore dei mercatini, in quella che ad occhio e croce doveva essere una delle vie ingarbugliate principali, e ci fermammo in un baracchino a mangiare una sorta di panino kebab.
Non volli pensare troppo al livello di igiene presente e chiusi un occhio e mezzo mentre il ragazzo ci preparava l’arrotolato, ma devo dire che non era male.
Ci sedemmo su delle sedie trovate li per strada e consumammo questo pranzetto sprint, osservando la gente che passava.

Durante Il resto del pomeriggio continuammo a perderci nelle vie, e nei negozietti più assurdi, a caccia di oggetti carini e particolari.
Comprai delle saponette e qualche boccettina di olio di argan, un vassoio dipinto a mano coloratissimo, le mie solite calamite magnetiche da attaccare al frigo, dei poggia bicchieri anch’essi fatti a mano, un partachiavi e tante altre cianfrusaglie.
Il Marocco è anche questo, comprare nei mercati e contrattare fino allo sfinimento. Quindi armatevi di pazienza, e vedrete che dopo un po’ ci prenderete gusto e farete anche degli ottimi affari!

La giornata si concluse con l’acquisizione della camera tanto attesa, che però presentava lo scarico del bagno otturato.
Il proprietario si scusò enormemente e, dato che una delle suite era libera, ci fece fare l’upgrade senza alcun sovrapprezzo.
Insomma, meglio di così non potevamo sperare!
Camera molto bella, bagno con doccia enorme, tutto in stile rigorosamente marocchino, con mosaici e tappeti.
Il giorno dopo il nostro aereo per il ritorno a Torino era previsto alle 7 del mattino. Presto.
Decisamente troppo presto. E di sicuro sarei rimasto almeno un altro giorno più che volentieri, magari per esplorare anche il resto della città al di fuori della medina, o per visitare un’altra città molto interessante, Meknes, distante da Fez pochi chilometri.
Ma come tutte le cose belle, anche questa esperienza, seppur piccola, era giunta al termine.
Quanto abbiamo speso
In conclusione ecco i costi (a persona) di questo miniviaggio marocchino :
- Volo Ryanair a/r Torino–Fez, bagaglio a mano incluso : 52 euro.
- Noleggio auto 2 giorni, assicurazione completa inclusa, con ritiro/consegna in l’aeroporto di Fez : 30 euro.
- Benzina : 20 euro.
- 1 notte a Chefchaouen presso il Riad DarDalia, in camera doppia con colazione : 18 euro.
- 2 notti a Fez presso il Riad Dar Ahl Tadla, in camera doppia con colazione : 41 euro.
- 3 cene, 2 pranzi : circa 50 euro.
- Taxi a/r Aeroporto–Fez : 7 euro.
- Varie ed eventuali (souvenirs, mance, caffè, thè) : 50 euro.
TOTALE : 268 euro
Niente male per un bel week end lungo, non trovate?
Di questo piccolo viaggio porterò per sempre con me sicuramente l’intera giornata a Chefchaouen, in particolare la prima sera, e il mercato delle donne di Fez; i due luoghi dove più di tutti ho respirato l’anima e il profumo del Marocco.
Un Paese per la seconda volta decisamente promosso e che consiglio.
Meritevole certamente di un mio prossimo e ben più lungo ritorno.
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Ciao Salvatore, io e il mio ragazzo stiamo organizzando un viaggio in giro per il Marocco e dato che stavamo pensando di affittare un macchina all’aeroporto di arrivo e lasciarla a Fes, volevo chiederti il nome della compagnia a cui ti sei affidato e come ti sei trovato. Grazie
Ciao Marta! Che bello che state pianificando un viaggio in Marocco, io pure non vedo l’ora di tornarci!
Per quanto riguarda la compagnia non ricordo esattamente il nome, quello che avevamo fatto è stato cercare nel sito rentalcars l’offerta migliore in base al costo e al tipo di macchina.
Come questo ci sono anche tanti altri siti buoni e affidabili, come hertz ad esempio, ti consiglio di cercare in questi e valutare in base alle vostre necessità.
Buon viaggio, e se hai bisogno di altri info scrivimi pure.
E fammi sapere se ti va le tue impressioni sul Marocco 🙂