IL MIO VIAGGIO IN ISLANDA - ep.5
Il Circolo d'Oro
di Salvatore Marra
7 Agosto 2018
Dopo aver trascorso la nostra prima giornata islandese dedicata alla visita di Reykjavik, era finalmente giunto il momento di iniziare il nostro tour intorno all’ isola!
La nostra prima tappa fu probabilmente la più scontata e a tratti banale, ma decisamente irrinunciabile, soprattutto per chi visita l’ Islanda per la prima volta : il famoso Circolo d’Oro.
E’ il nome che viene dato ad un percorso di circa 300 km che, partendo dalla capitale (A nella mappa sottostante), attraversa tutta una meravigliosa regione interna dell’isola, e che tocca tre delle attrazioni naturalistiche più belle e conosciute d’ Islanda : il Parco Nazionale di Þingevellir (B), il sito geotermico Geysir (C) e la cascata Gullfoss (D).

Sono tutte molto vicine tra di loro e poco distanti dalla città, il che permette, volendo, di poterle ammirare tutte in un’unica intensa giornata.
Diciamo che il “Circolo d’Oro day” è probabilmente la più gettonata tra le gite organizzate dalle guide turistiche, che propongono partenze al mattino presto da Reykjavik e rientro in serata sempre nella capitale, per chi magari ha poco tempo a disposizione e poca vena organizzativa; è quindi più o meno alla portata di tutti, ma sempre con un occhio di riguardo al portafoglio, mi raccomando!
Va da sé che, soprattutto nel mese di Agosto, l’affluenza in questi luoghi è ahimè molto alta. Il mio consiglio, per chi volesse muoversi in autonomia, è di visitare il più possibile durante le prime ore del mattino o a tarda sera, sia per bypassare la grossa massa di turisti, sia perché il vantaggio di avere tante ore di luce a disposizione in estate permette di poter ammirare questi scenari ben illuminati anche fino a tarda notte o già alle prime luci dell’alba. Anzi : i colori e le luci che si hanno durante queste ore della giornata sono ancora più straordinari, e, se il clima dovesse risultare clemente, non vi sto neanche a raccontare che razza di foto e video che ne verrebbero fuori! Da sogno!
Ovviamente questo consiglio è valido non soltanto per il Circolo d’Oro, ma per qualunque altro luogo voi decidiate di visitare, se amate immergervi nella natura indisturbati.
L’ideale quindi sarebbe stato soffermarsi ben più di un giorno. Ma ahimè non avevamo abbastanza tempo da dedicare a queste tre attrazioni. Avendo in totale 10 giorni e volendo percorrere l’intera ring road dovevamo purtroppo fare delle scelte. Poiché eravamo molto attratti da altre località e bellezze che avremmo visitato più avanti durante il nostro viaggio, e complice un clima non particolarmente sereno, optammo per il classico giro in giornata. Ovviamente, l’essere indipendenti e automuniti ci permise di avere un ritmo tranquillo, senza correre, di partire presto ma non prestissimo e di scandire la nostra giornata senza vincoli di orari.
Anche perché, dopo qualche chilometro di marcia, arrivò subito fresco fresco il primo dei tanti piccoli imprevisti della nostra avventura. Piccoli incidenti di percorso, che lì per lì eviteresti ben volentieri, ma che alla lunga rappresentano quel “sale” in più che non può ahimè mai mancare quando si organizzano certi viaggi.
Ti arricchiscono anche loro e ti insegnano tantissimo, l’importante è essere flessibili e sapersi adattare alle circostanze. E, come dico sempre io, provare nel mentre a sdrammatizzare un po’, magari cercando di immaginare il momento in cui racconterai questi aneddoti tragicomici a viaggio terminato, con il sorriso sulle labbra e tante risate, animando magari qualche serata tra amici, con un buon bicchiere di vino e tanti altri racconti di viaggio.
Partiti intorno alle ore 9 del mattino, ci fermammo dopo pochi chilometri per fare il pieno di benzina in uno dei tanti distributori che si trovano alle porte della capitale. E notammo che la targa della nostra pandarella era, come dire, poco stabile. Panico!
“No Manu, e se la perdiamo in mezzo ai geyser o tra una cascata e un’altra? Si che abbiamo l’assicurazione e tutto il resto, però sai che rottura…uff!”.
Tra i due quello più ansioso sono decisamente io. Manu, anche se molto sensibile, mostra sempre un atteggiamento positivo e trasmette serenità e calma, almeno a me. E questo tetris dei nostri caratteri fu fondamentale per me durante tutto il viaggio.
“Vabe dai, proviamo a chiedere qui al benzinaio se ci da una mano per risolvere il problema, o quantomeno per tamponarlo. Tanto il limite massimo di velocità sulla ring road è di 90 km/h, e andremo anche decisamente più piano in diversi tratti, dove vuoi che voli sta targa dai!” fece Manu sorridendo.
Ci soccorse un uomo che lavorava nel minimarket all’ interno di quella piccola stazione di servizio, e diede una sistemata alla targa con della colla e uno spago. Non era decisamente il massimo come inizio, però meglio di niente. Fu gentilissimo e si adoperò molto. Dopo Steini, il ragazzo che ci ospitò la prima notte a Reykjavik, un altro islandese davvero cortese, educato e molto disponibile. Le prime impressioni nei confronti di questo popolo nordico erano senza ombra di dubbio davvero ottime.

Nel giro di un’ora avevamo già raggiunto la prima tappa della giornata : il Parco Nazionale di Þingvellir.

Diventato Patrimonio UNESCO dell’Umanità nel 2004, il Parco è un’area naturale protetta, dove nell’anno 930 venne fondato l’ Alþingi, il più antico parlamento del mondo. Lo stesso nome del Parco “Þingvellir” in islandese significa “Assemblea”. Nel corso dei secoli il luogo mantenne poi una grandissima valenza simbolica. Fu qui ad esempio che gli islandesi decretarono il Cristianesimo come unica religione del Paese.
La leggenda narra che intorno all’anno 1000 tale tizio dal nome impronunciabile (vi sfido a farlo, io ci ho rinunciato subito!) Þorgeir Ljósvetningagoði, dopo la decisione del parlamento di decretare il Cristianesimo come unica religione dell’isola, sulla via di ritorno a casa gettò delle statuette raffiguranti gli dei nordici nella cascata che oggi viene chiamata Godafoss, la “Cascata degli dei”, ma di questa ve ne parlerò nei prossimi episodi.
Inoltre proprio qui venne proclamata l’Indipendenza dell’Islanda il 17 giugno 1944.

Anche geograficamente il Parco ha un valore di assoluta importanza e bellezza : si trova infatti nella zona dove la faglia euroasiatica e quella americana si incontrano.

Appare immediatamente sotto gli sguardi di tutti come un’ampia gola, chiamata Almannagjà, che può esser facilmente attraversata a piedi con una semplice passeggiata, fino ad arrivare proprio nel punto dove vi era il Parlamento. In corrispondenza di questa zona vi è nel sottosuolo la faglia che attraversa l’islanda e divide il continente europeo da quello americano.

Nel parco scorre il fiume Oxàra, che forma la cascata Oxàrafoss, proprio in corrispondenza della gola, nelle vicinanze del Parlamento.

Il Parco dista appena 45 chilometri di macchina da Reykjavik; arrivammo quindi sul posto nel giro di un’ora, intorno alle 10.30.
A causa del forte vento e di una pioggerellina che andava e veniva, molto fastidiosa, non ci godemmo al meglio questo parco e non ci entusiasmò particolarmente; ma ripeto, probabilmente a causa delle condizioni meteo non belle.

Dopo una passeggiata e una sosta nel luogo dove si trovano i resti dell’Alþingi, ci fermammo a prendere un caffè, nel bar all’ingresso del parco, e successivamente ci rimettemmo in marcia, verso mezzogiorno, diretti al famoso sito geotermico Geysir.

Conosciuto anche come il Grande Geysir, è considerato il più antico sito di geysers al mondo conosciuto. E già questo dovrebbe bastare per convincervi a visitare questo luogo.
Per chi non lo sapesse un geyser è un tipo di sorgente di acqua bollente che ha delle eruzioni intermittenti che creano delle colonne di acqua calda e vapore. Le sue eruzioni, talvolta irregolari, spingono i fiotti di acqua bollente fino ad un’altezza di decine di metri.
Non a caso il termine “geyser” deriva proprio da “Geysir”, che a sua volta deriva dalla parola islandese “gjòsa” che significa proprio “eruttare”, “emettere fiotti”.
Raggiungemmo abbastanza velocemente il sito, e nonostante il clima che continuava a fare i capricci e un’affluenza di persone un po’ troppo alta per i nostri gusti, fu sicuramente molto interessante.
“Con la sfiga che ci ritroviamo non ci sarà neanche uno spruzzo quando saremo lì” feci io a Manu, mentre mi impegnavo a posteggiare la nostra auto nel parcheggio attiguo al sito.
Dopo pochi passi arrivammo proprio in prossimità di Strokkur, il geysir più famoso del sito, che solitamente erutta regolarmente ogni 4-8 minuti. All’apparenza si presenta come una enorme pozzanghera azzurra fumante, di acqua viscosa e bollente, circondata da fili di protezione per i visitatori. Quest’ultimi tutti disposti intorno, in attesa.

Sentii voci di italiani asserire che proprio cinque minuti prima c’era stata una eruzione.
“Te pareva!” Continuai io.
“Ma no dai – rispose Manu – stai tranquillo, ho letto nella guida che solitamente non passano molti minuti tra un’eruzione ed un’altra. Certo magari non saranno tutti di pari intensità…”.
Sapevo bene anch’io tutto questo, ma non so , probabilmente quella giornata così uggiosa mi rendeva pessimista eccessivamente.
E infatti…neanche il tempo di scambiare queste due parole con la mia socia che…BUM!
Prima eruzione!
Una esplosione un po’ fiacca in effetti, come mi fece notare anche una giapponese al mio fianco, continuando a ripetermi con un sorriso a tremila denti che l’eruzione precedente, da lei vista e filmata molto bene, era stata di gran lunga più bella. E’ brutto dirlo, lo so, ma la odiai immediatamente.
Manu ebbe la brillante idea di andare più su per vedere le eruzioni dall’alto; io la assecondai ma, mentre ci spostavamo, ci fu una seconda eruzione ben più potente della precedente. La giapponese di prima riprese nuovamente tutto, e non aggiungo altro.

“No Manu, ora mi piazzo vicino a una di ste pozzanghere del cavolo con la fotocamera pronta e non ce ne andiamo fin quando non arriva uno spruzzo decente”.
Ormai era una sfida tra me e la giapponese.
Mi piazzai come detto vicino alla sorgente, tirai fuori il cellulare, pronto a riprendere tutto, feci partire il video, ed aspettai.
Ed ecco che la pozzanghera iniziò a gonfiarsi al centro, sempre di più…sempre di più…sempre di…
BUM!

Figata!
Seguirono altre eruzioni, alcune piccoline, altre simili a quella da me filmata, feci qualche altra foto, ma soprattutto ci godemmo il luogo. La natura iniziava mostrarsi in tutta la sua energia; ero estasiato.
Dopo un rapido pranzetto a base di panini preparati a Reykjavik di buon mattino, ci spostammo verso l’altra famosa e imponente attrazione simbolo della zona : la cascata d’oro Gullfoss.
La pioggerellina insisteva imperterrita e questa si confondeva sempre di più con l’acqua e i vapori che si innalzavano a causa della potenza della cascata, bagnandoci inevitabilmente man a mano che ci avvicinavamo.
Ma che bella che è Gullfoss! Così ampia in origine, scorre regolare e decisa per poi precipitare giù in un precipizio.

Purtroppo anche qui turisti a iosa, nonostante il tempo. Del resto erano circa le tre di pomeriggio, ora decisamente di punta.
Dopo esserci avvicinati fino a pochi passi dal burrone, decisi quindi che quelle ondate di vapore iniziavano ad essere troppo fastidioso per i miei gusti. Così tornai indietro e mi soffermai ad ammirare lo scenario a distanza.
Con molta mento gente intorno, mi godetti quei pochi momenti di solitudine, ad osservare nuovamente la potenza della natura, in questa nostra difficile e intensa prima giornata on the road.
Ecco, credo di aver respirato per la prima il profumo di Islanda proprio li, in quel momento. Ero solo, Manu era rimasta poco più avanti, e di fronte a me la natura che si manifestava, vera, limpida, straordinaria.
Bello.
Restammo ancora un altro po’, per poi decidere che era ora di rimetterci in cammino, intorno alle 4 di pomeriggio.
Riprendemmo la strada F35, che da Gullfoss scende giù verso Sud per poi ricongiungersi con la statale n.1, la famosa ring road, in prossimità di Selfoss, località dove avremmo soggiornato quella notte.
Ormai il maltempo di quella giornata era una costante e mi ero talmente abituato (o forse rassegnato) che non gli davo più peso.
Tuttavia fu decisamente singolare la sensazione che provai quando, dopo una ventina di minuti alla guida, vidi dei raggi di sole fare capolino tra le nuvole.
“Il Sole?Adesso? Ma che cavoli, proprio ora che abbiamo lasciato la cascata” feci io un po’ scoraggiato.
Del resto, come vi avevo già accennato nei precedenti episodi, il tempo è talmente imprevedibile in Islanda che il fattore, come dire, “fortuna” può risultare per certi versi rilevante e in alcuni casi fondamentale.
In quel momento il vento era decisamente calato e aveva cessato di piovere, mentre venti minuti prima eravamo nei pressi della cascata nel pieno della burrasca.
O magari semplicemente le correnti erano più deboli a Sud, e le nuvole meno concentrate, e quindi ci stavamo semplicemente spostando in una zona più stabile dal punto di vista meteorologico.
Non lo sapremo mai. La giornata era andata così, pazienza.
All’improvviso però capitò un fatto carino. Un luogo che stranamente non avevamo previsto, e che ci era inspiegabilmente sfuggito durante la nostra pianificazione del tour, si manifesto proprio lungo il cammino, e fu davvero una bella sorpresa.
Si tratta di un lago vulcanico a di poco incredibile. Il suo nome è Kerið, ed è in poche parole un tripudio di colori pazzesco. Sarei rimasto ad ammirarlo per ore.

Ed effettivamente restammo li parecchio, almeno un’ora buona, ammirandolo sia dall’alto che scendendo giù all’interno del vulcano.
E fu proprio laggiù che, seduti su una roccia a pochi passi dallo specchio d’acqua, ci smezzammo la nostra prima delle due birrette di giornata.
Era il posto giusto, perchè incredibile e inaspettato, non studiato ma scoperto per caso, e per questo ancora più bello.
Se aggiungiamo a questo il fatto che il cielo si stava sempre più rasserenando e il vento era totalmente cessato beh, che dire : meraviglioso.

Giungemmo a destinazione intorno alle 18, presso il Selfoss Hostel.
Avevamo riservato una camera doppia tramite il famoso portale booking, pagando 78 euro in totale.
L’ostello è molto bello, grande, tutto su un piano e con tante camere e bagni in comune pulitissimi. Dispone poi di una cucina molto grande dove potemmo preparare il nostro pasto e rilassarci.
Era pieno di ragazzi di ogni nazionalità, tutti più o meno viaggiatori on the road come noi.
Selfoss è principalmente una località di passaggio, posizionata lungo il percorso che da Reykjavik e dal circolo d’oro prosegue verso il sud est dell’isola. La nostra camera era in fondo ad un lungo corridoio, l’ultima a sinistra. Di fianco vi era una uscita di emergenza che si affacciava sul giardino, nella zona posteriore dell’edificio, da dove era possibile accedere direttamente al parcheggio…e ad una meravigliosa vasca idromassaggio all’aperto.

Alla vista della vasca io e Manu ci guardammo e ci capimmo subito.
Faceva freddo fuori, ci saranno stati 7 o 8 gradi ma il vento era finalmente scomparso.
Per cui, approfittando della vicinanza della vasca alla camera, ci spogliammo rapidamente e ci tuffammo in essa, dove l’acqua era già splendidamente alla temperatura di 39 gradi.
Complice anche un tiepido Sole che ci graziò proprio in quel momento, ci rilassammo tantissimo, dopo il vento e la pioggia presi durante la giornata.

Erano le sette di sera, e teoricamente avevamo ancora tempo per tentare di raggiungere la spettacolare Reykjadalur, la famosa “Valle del fumo” , nei pressi della località Hveragerði, che dista da Selfoss circa 15 chilometri.
Si tratta di una vallata circondata da spettacolari fumarole e sorgenti termali nelle quali è possibile immergersi per un emozionante bagno caldo all’aperto.
Decisamente allettante, ovviamente.
Ma, sarò onesto, in quel momento ci stavamo talmente rilassando al Sole, immersi già in quell’acqua calda, che l’idea di uscire da li non mi entusiasmava, ed eravamo parecchio stanchini. Per cui saltammo la visita nella vallata. Se avete tempo però includetela nel vostro tour, perchè a detta di tutti merita assolutamente. Per quanto mi riguarda ci tornerò nel mio prossimo viaggio sull’Islanda.
Ad avvalorare la nostra decisione vi era il fatto che il giorno seguente avevamo in programma un’altra location mozzafiato, dove è possibile fare il bagno in altri ruscelli di acqua calda.
Un luogo pazzesco, che farò fatica a dimenticare per quanto è straordinario : Landmannalaugar.
Non sapevamo ancora, però, che la giornata che ci attendeva avrebbe rappresentato per uno di noi due una vera svolta.
E non del tutto positiva.
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