IL MIO VIAGGIO IN ISLANDA - ep.6

Landmannalaugar, infinite emozioni

di Salvatore Marra

8 Agosto 2019

La sveglia quella mattina era impostata alle ore 7. Eppure, quando aprii gli occhi, trovai la nostra stanza così illuminata che sembravano le 11 del mattino.

Come in quasi tutti gli alloggi dove pernottammo, anche nel Selfoss Hostel le tendine delle finestre erano molto scarse. In Agosto le ore di buio sono davvero poche (potremmo quasi parlare di minuti più che di ore) e si può far davvero fatica ad addormentarsi. Io non mi vergogno a dire che avevo con me una mascherina da notte che mi aiutò molto, e se andate in Islanda in estate consiglio di infilarla nello zaino, non occupa spazio e può rivelarsi molto utile.

E’ anche vero che le nostre erano giornate intense, e puntualmente la sera crollavo per la stanchezza, nonostante l’euforia dovuta al viaggio.

Quella mattina in particolare ero molto entusiasta, per via del luogo che ci accingevamo a visitare, a detta di tutti uno dei più magici e incredibili di tutta l’Islanda : Landmannalaugar.

Un applauso a chiunque l’abbia letto e pronunciato correttamente al primo tentativo!

Scherzi a parte, ci sono nomi islandesi molto più impronunciabili di questo in realtà, ma Landmannalaugar rappresentò in un certo senso una meta simbolo del nostro viaggio, nel bene e nel male, fin da quando decidemmo di inserirla nel nostro tour.

Leggevo e rileggevo questa parola, nelle guide, negli articoli delle decine di bloggers che seguo, ma niente, non riusciva ad entrarmi nella testa. Eppure era un luogo che mi attirava troppo, e volevo raggiungerlo a tutti i costi.

Si tratta di una regione montuosa del sud dell’Islanda, conosciuta principalmente per la presenza di interessanti formazioni geologiche, in primis coloratissime montagne di riolite, ma anche ampie distese di lava e sorgenti di acqua calda. E sopratutto è punto di partenza di sentieri e percorsi che permettono di raggiungere, dopo diversi giorni di cammino, altre località pazzesche, come il trekking Laugavegur, che collega Landmannalaugar a Thórsmörk fino ad arrivare ai ghiacciai  Eyjafjallajökull e Mýrdalsjökull e al suggestivo villaggio Skogar.

Come vi dicevo ci sono termini islandesi decisamente più impronunciabili di Landmannalaugar!

Data la sua bellezza e la sua posizione strategica, per gli amanti del trekking la regione di Landmannalaugar è diventata nel corso degli anni una destinazione molto popolare in estate, unico periodo dell’anno durante il quale la strada per raggiungerla è aperta.

Più che una strada è una pista vera e propria, fatta di buche grandi quanto crateri, e almeno un guado importante da oltrepassare; un mezzo 4×4 risultà perciò indispensabile.

E allora noi, con la nostra pandarella, dove pensavamo di andare?

Per fortuna esistono anche altre soluzioni per raggiungere questo luogo magico, ovvero prendere un bus 4×4 (alcuni di questi hanno piu le parvenze di un carro armato, con dei pneumatici giganteschi, ma tant’è) da Reykjavik o da una località intermedia, come Selfoss o Hella. Ci sono diverse linee di autobus di varie compagnie che percorrono questa tratta più volte al giorno, con tempi di percorrenza dalla capitale di circa quattro ore.

Una volta arrivati al capolinea vi è un campo base, una sorta di centro assistenza attrazzato dove è possibile volendo campeggiare con la propria tenda, e rappresenta il punto di partenza di tutte le escursioni.

Landmannalaugar è una regione immensa, che sicuramente merita di essere esplorata a piedi in più giorni. Tuttavia anche solo la zona immediatamente prossima al rifugio è meravigliosa, e già solo questa merita di essere vista, con una semplice gita di un giorno. Soprattutto quando, ed era il nostro caso, non si ha la possibilità di dedicare più tempo.

Per cui, dopo averci riflettuto molto, io e Manu decidemmo comunque di inserire Landmannalaugar nel nostro tour, con una gita di un giorno che ci permise di assaporare la bellezza di un territorio probabilmente unico al mondo.

E la scelta si rivelò decisiva.
Sia nel bene, perchè quei luoghi ci emozionarono tantissimo, probabilmente più di un qualunque altro in Islanda. E sia nel male, perchè questa giornata rappresentò una svolta seria e importante per uno di noi due. Precisamente per Manuela. Ma ve ne parlerò a breve.

 

Optammo per la compagnia Thule Travel Hikers Bus, e comprammo un biglietto andata e ritorno con partenza da Hella alle 8:50 del mattino e arrivo al campo base alle 11:10. Il ritorno invece era previsto alle 17:30 con rientro ad Hella alle 19:40 (trovate nel link tutti gli orari e le info), alla modica cifra di 101 euro a testa a/r. Piuttosto caro, ma l’Islanda è anche questa signore e signori. Esistono poi anche altre compagnie altrettanto valide, come la Trex, ma i prezzi sono più meno gli stessi.

un esempio di "autubus-navetta" in Islanda

Un consiglio : tutte queste compagnie partono da Reykjavik e fanno diverse fermate intermedie prima di arrivare a destinazione. Consiglio quindi di prendere l’autobus in una di queste fermate, se avete la possibilità di arrivarci con mezzi autonomi o se siete già in loco; si risparmia molto sia in termini di ore che di denaro. Da Reykjavik ci vogliono ben 4 ore per giungere a Landmannalaugar e il biglietto supera abbondantemente i 150 euro a testa.

Noi avevamo pernottato a Selfoss quella notte (clicca qui per leggere l’episodio precedente, punto A nella foto seguente), e ci risultò conveniente raggiungere in macchina Hella (punto B nella foto), che dista da Selfoss circa 30 chilometri, e prendere il bus da lì anzichè da Selfoss. Da Hella in poi sono soltanto due ore di viaggio per raggiungere il campo base (punto C).

Aggiungo che gli orari erano ideali per le nostre esigenze, avendo a disposizione ben sei ore di tempo per goderci il luogo prima di ripartire.

Inoltre avevamo in programma di pernottare la notte seguente proprio ad Hella, che si trova più a sud di Selfoss, in maniera tale da avvantaggiarci il giorno successivo di una buona mezz’ora abbondante di auto.

Ecco, questo è un esempio di cosa intendo quando dico che bisogna organizzare e studiare bene i dettagli di un viaggio.

il percorso di giornata

Arrivammo con largo anticipo presso la stazione degli autobus di Hella,  intorno alle otto e mezza del mattino. Una giornata abbastanza serena e con poco vento, anche se fredda.

io e Manu ad Hella, in attesa del bus per Landmannalaugar

Il nostro bus arrivò con qualche minuto di ritardo; era veramente un mezzo imponente, e dalle sue ruote era facilmente intuibile il tipo di percorso che ci accingevamo a fare, impervio e decisamente “wild”. Sia io che Manu eravamo pronti, con gli zaini in spalla, bottiglia d’acqua, pranzo al sacco e tutto l’occorrente necessario per una splendida giornata di trekking.

L’autobus era mezzo vuoto, e ci accomodammo comodi al suo interno, con Manu una fila davanti a me. Percorremmo per circa 30 chilometri la strada asfaltata F26, prima arrivare al bivio con la strada sterrata Landmannaleið, che confluisce infine nella ben più tortuosa F208, la pista che si inerpica verso la Landmannalaugar.

Superato il primo bivio, ci fu un grosso problema.

“Oh…Sà…prova a farmi uno squillo, non trovo più il mio cellulare. Dev’essere qui, da qualche parte chissà dove, magari mi è caduto tra un sedile e un altro…”.

“Faccio subito” risposi tranquillamente io. Manu è in gamba ma di prima mattina può capitare che si possa essere un po’ meno svegli. Per cui non mi allarmai più di tanto.

Così composi il suo numero e inoltrai la chiamata. Il telefono risultava libero e la chiamata era in corso, ma non udimmo alcuna suoneria.

“Avrai messo il silenzioso, hai controllato bene nello zaino?”

Manu mi guardò. Il suo era uno sguardo freddo, un po’ perso, decisamente diverso dal suo solito.

“Non metto mai il silenzioso tranne quando sono in ufficio. E nello zaino non c’è…”

Ci furono 4 o 5 secondi di silenzio in cui io e Manu ci guardammo intensamente. Non poteva essere successo, voglio dire, eravamo scesi dalla macchina e saliti sul bus. Doveva essere per forza qui oppure…in macchina.

“Aspetta, sisi ecco, devo averlo lasciato in macchina cavoli. Si si, ti ho fatto quel video col cellulare mentre guidavi, ti ricordi?” disse Manu, con tono forte ma non del tutto deciso, di chi vuole convincersi a tutti i costi di un qualcosa di cui non si è sicuri.

“Poi l’ho poggiato nel vano portaoggetti. E sono abbastanza sicura che è rimasto li”.

“Abbastanza?'” le chiesi io, con il mio solito tono ansioso di fronte a simili imprevisti.

“Si, abbastanza sicura” confermò Manu, mostrando però una espressione sul volto tutt’altro che certa.

Nel frattempo il bus continuava il suo tragitto, e avevamo iniziato letteralmente a ballare.

La strada era sempre meno una strada, nel senso che era sterrata, piena di buche e crateri. In alcuni punti dovetti reggermi con forza, nonostante la cintura allacciata.

Intorno a noi un paesaggio sempre più arido. La vegetazione iniziava lentamente a scomparire, a discapito di un terreno roccioso e fangoso. Quando imboccammo la F208, le condizioni si fecero sempre più ardue. Solo in quei momenti mi resi conto quanto fosse difficoltoso guidare in territori del genere, e mi tornarono in mente tutte le volte che avevo chiesto informazioni circa le condizioni di viabilità in Islanda. Durante quel tragitto capii realmente che per affrontare un viaggio nelle zone interne dell’Isola non basta essere degli eccellenti guidatori. E non si può improvvisare un bel niente se non si è attrezzati e preparati.

Ci vuole il mezzo adatto. Anche in estate. Sappiatelo.

Arrivò anche un bel guado da affrontare. Fu divertente, e feci tante foto e video (guarda il video su youtube qui) durante l’attraversamento del torrente. Il paesaggio era ormai decisamente montuoso e spettrale. Ma il cielo era azzurro sopra di noi, e c’era una bella luce che rasserenava un po’ il tutto : il viaggio, me e soprattutto Manu e le sue preoccupazioni riguardo al cellulare. Che, particolare non da poco, era nuovo di zecca.

Dopo aver affrontato guadi, saliscendi e attraversato i percorsi più improponibili per qualunque mezzo esistente, apparve di fronte a noi il campo base di Landmannalaugar, a pochi chilometri di distanza in linea d’aria.

Lo scenario era improvvisamente cambiato. Ci trovammo su di un altopiano lungo e ampio, circondati da montagne. Delle montagne coloratissime. Non si ballava praticamente più, la strada di terra sulla quale ci muovevamo era improvvisamente pulita e in piano, ed eravamo immersi in un luogo magnifico che sembrava essere apparso dal nulla. Sopra di noi nuvole che si muovevano velocemente, alternando momenti di luce e ombre, e mutando continuamente i colori di tutto il paesaggio circostante. 

Trovammo tanti escursionisti che si apprestavano a partire per chissà quanti giorni di cammino. Mi affascinò molto vederli intenti a prepararsi. Dietro di loro chissà quante storie, quante scalate e imprese. E chissà dove sarebbero arrivati quel giorno.

Erano le 11 del mattino e, dopo un indispensabile spuntino , perlustrammo velocemente il campo base, e nel punto informazioni ci fornirono una mappa con tutti i percorsi segnati, da quelli più semplici di qualche ora a quelli più impegnativi lunghi intere giornate.

Scegliemmo il percorso n.1, della durata di circa un paio d’ore, che prevede un circuito a forma di anello nella zona dell’altopiano, non distante dal rifugio. Decisamente ben poco in confronto agli altri sentieri, ma ugualmente affascinante, perché permette comunque di ammirare paesaggi mozzafiato, non impegnativo e decisamente alla portata di tutti. 

l'inizio del percorso

Montagne coloratissime, così belle da sembrare un dipinto.

Pianure aride e brulle, alternate a prati verdi e rigogliosi.

Distese di pietra lavica che ricoprono interi pendii, accompagnate dalle immancabili fumarole.

Ci inoltrammo liberi e senza pensieri in questa natura incontaminata, e fu bellissimo.

Dopo poco ci dimenticammo della cartina, e proseguimmo senza una vera e propria meta, totalmente inebriati dal profumo e ipnotizzati dai colori di quei luoghi.

Difficile raccontarlo.  Landmannalaugar non è un luogo qualunque di montagna. 

È uno di quei luoghi che un giorno, come per magia, incontri lungo il tuo cammino, e che ti resta dentro per sempre. 

Lascio che siano le foto ad illuminare e a farvi venire voglia di andarci.

Non volevo andare via. Mi sentivo così bene, così in pace con me stesso, che durante quelle sei ore dimenticai ogni genere di preoccupazione.

E una volta tornati al rifugio ci fu anche la ciliegina sulla torta.

Erano circa le 16.30 e vidi che diverse persone, di ritorno dall’escursione, non facevano rientro direttamente nel campo, ma deviavano poco prima su di un sentiero, verso una piccola collinetta. Decidemmo di seguire quelle persone. E fu una scelta memorabile.

Dopo pochi passi ci ritrovammo a costeggiare un piccolo ruscello, e proprio ai piedi della collinetta vi era un piccolo laghetto, con una decina di persona in ammollo.

Era una pozza d’acqua geotermica completamente naturale.

Semplicemente favoloso! Una sorgente di acqua calda alla temperatura di 40 gradi proprio li, di fronte a noi, totalmente gratis e disponibile per tutti. In uno scenario da sogno.

Fu probabilmente uno dei bagni più belli di cui ho memoria fino ad oggi nella mia vita.

Per cui non dimenticate di portarvi un costume e un asciugamano, noi fortunatamente ne eravamo provvisti!

E visitate Landmannalaugar. Un luogo unico, fuori dal mondo.

Eravamo così assorti nel bagno caldo che ci mancò poco che perdemmo il bus.

La temperatura esterna sarà stata di 7-8 gradi, non di più; capite bene che uscire dall’acqua non era propriamente ciò che avremmo voluto. Ma come tutte le cose belle anche quella stava ahimè per concludersi, e dovevamo affrontare l’impatto con l’aria fredda sui nostri corpi caldi e bagnati. La cosa fondamentale da fare in questi casi è asciugarsi il più velocemente possibile, e subito dopo recarsi in un luogo al chiuso. L’orario di partenza del nostro autobus era alle 17.40, percui restammo in ammollo fino a pochi minuti prima.

Inoltre trovammo l’abitacolo perfettamente riscaldato, e fu davvero piacevole.

Mi sentivo rilassato e rigenerato, e il viaggio di ritorno, nonostante le buche e i tratti tortuosi identici all’andata, fu molto più tranquillo.

Ma con l’avvicinarsi della fine del viaggio, le preoccupazioni di Manu, e anche le mie, riaffiorarono nuovamente, come un enorme polverone.

“Massì, dai, te l’ho detto, sono abbastanza sicura che io l’abbia lasciato in macchina”, ripeteva Manu a me, ma soprattutto a stessa.

Era quell’ “abbastanza” che non ci lasciava tranquilli.

E purtroppo avevamo ragione a non esserlo. Arrivati nel parcheggio, aprimmo la macchina : del cellulare non c’era traccia.

Non sapremo mai dove Manuela perse il suo telefonino, quasi sicuramente le cadde per terra quel mattino nel parcheggio, poco prima di salire sull’autobus. Provammo a chiedere all’interno del market presente in quella stazione degli autobus, ma invano. Oltre ai tre dipendenti di quel supermercato, il nulla intorno a noi.

Provai a comporre nuovamente con il mio cellulare il numero di Manu, e effettivamente squillava ancora, il telefono era ancora vivo, chissà dove. Ma di sicuro non vicino a noi.

Manu era affranta e sconsolata. Per carità, non era morto nessuno, ma di sicuro quello che le stava capitando le faceva rabbia. In primis perchè era nuovo, e poi perchè ora potevamo fare affidamento solo sul mio di cellulare. All’interno del quale avevamo tutto : mappe, prenotazioni, biglietti aerei, tutto.

Ormai al giorno d’oggi tutti noi abbiamo la nostra vita dentro il telefonino o quasi; e come me anche Manu quindi.

Disperati, ci affrettammo a raggiungere l’hotel dove pernottammo quella notte, il Welcome Riverside Guesthouse, ed entrammo nella struttura effettuando un “self check-in” automatico, con un codice alfanumerico che ci era stato inviato in precedenza tramite mail, da digitare su un tastierino elettronico posto all’ingresso della stanza.

Tutto perfetto : camera perfettamente pulita, diversi bagni a disposizione e una cucina molto attrezzata, tutto completamente nuovo, ed eravamo gli unici ospiti in un enorme appartamento al pianterreno che comprendeva circa una decina di camere.

Tutto fin troppo perfetto da risultare fastidioso e completamente in antitesi con il nostro stato d’animo, che solo poche ore prima aveva raggiunto livelli di rilassatezza e serenità stratosferici, e che ora era tormentato.

Con la funzione “cerca il tuo dispositivo” riuscimmo a localizzare il cellulare di Manu utilizzando il  wifi dell’alloggio : si trovava in quel momento all’interno di una abitazione non meglio precisata alle porte di Reykjavik, ovvero a un centinaio di chilometri da noi. Qualcuno quindi l’aveva “preso”.

Cercando velocemente su internet, scoprii che proprio ad Hella vi era una piccola centrale di polizia, che però a quell’ora di sera era chiusa. Decidemmo quindi che ci saremmo recati lì l’indomani mattina presto, sperando che nel frattempo il cellulare di Manu fosse rimasto integro e acceso, per poterlo rintracciare con la app suddetta.

Quante volte abbiamo provato ad immaginare a come reagiremmo se in viaggio ci ritrovassimo da soli, senza cellulare nè internet? Io parecchie volte, e con timore. A dimostrazione di quanto ormai di questi oggetti non possiamo proprio più farne a meno, anche sforzandoci.

A forse si? Da quel giorno è indubbio che il viaggio di Manuela cambiò radicalmente.

In assenza di tecnologia e senza poter comunicare con l’Italia e con casa, se non di riflesso grazie a me, che fortunatamente avevo i contatti delle persone a lei più care.

Lei, che non aveva neanche una macchina fotografica con sè, da quel giorno in avanti avrebbe vissuto la sua esperienza solo con i suoi occhi e le sue emozioni, senza nessun altro filtro.

 

Siamo davvero sicuri che uno scenario del genere rappresenti una sfortuna?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

No posts found!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *